Nell’anno dell’EXPO di Milano, l’Assemblea generale delle Nazioni unite ha proclamato il 2015 “Anno internazionale dei suoli”, una risorsa fondamentale per la vita che bisogna salvaguardare. L’Italia è al 4° posto per consumo di suolo agricolo in Europa: in 60 anni abbiamo perso oltre 6 milioni di ettari di coltivazioni con una perdita del 28% di superficie agricola imputabile all’urbanizzazione (ogni giorno si cementificano 100 ettari). Oltre alla diminuzione di superficie agricola bisogna fare i conti anche con il costante degrado del suolo, cioè con il peggioramento dello suo stato di salute che compromette la capacità di fornire beni e servizi ecosistemici. A livello mondiale, il 33% delle terre coltivate è stato classificato come contraddistinto da suoli degradati, spesso a causa di pratiche produttive non sostenibili, quali il sovrapascolamento, la monocoltura, le eccessive lavorazioni, la non corretta gestione dell’irrigazione e dei nutrienti e la mancata restituzione di sostanza organica.
Una via che la ricerca sta percorrendo è l’intensificazione sostenibile della produzione agricola, definita come “aumento della produzione senza impatti ambientali negativi e senza coltivare più terra”.