Conclusa la Conferenza di Durban

13 dicembre 2011

WorldView.jpgRimandati al 2020 gli obblighi di riduzione legalmente vincolanti per tutti. Nel frattempo prosegue il protocollo di Kyoto per i volonterosi.


Dopo un’aspra e prolungata discussione protrattasi fino alle prime luci dell’alba di domenica 11 dicembre, si è conclusa la Conferenza di Durban con l’approvazione di trentasei decisioni di cui le principali sono:

  • la piattaforma di Durban, ovvero l’avvio di un processo negoziale per la definizione di un trattato globale legalmente vincolante (che potrebbe essere un protocollo, o un altro strumento legale o un altro strumento attuativo ma con valore legale), valido per tutti i paesi UNFCCC (194 Paesi). Questo processo è suddiviso in due fasi. Nella prima, che terminerà nel 2015, sarà redatta e messa a punto la bozza del trattato che sarà “adottato” nell’assemblea plenaria della ventunesima Conferenza delle Parti (COP-21) alla fine del 2015. Nella seconda fase il trattato “adottato” sarà aperto alla sottoscrizione e alle ratifiche nazionali secondo le procedure ONU in modo che possa entrare in vigore nel 2020.
  • il prolungamento, con opportuni emendamenti, del Protocollo di Kyoto oltre la scadenza del 2012 fino al 2017 o al 2020 in conformità con le decisioni che saranno prese successivamente, in relazione sia all’entità e alla natura degli impegni volontari che i Paesi, che intenderanno prolungarlo, formuleranno entro il 1 maggio 2012, sia alle necessità di coordinamento e di integrazione con il processo della piattaforma di Durban di cui al punto precedente.
  • l’avvio operativo del “Green Climate Fund” (di cui non è specificato come sarà alimentato) come Istituzione Finanziaria della UNFCCC con personalità giuridica e capacità legali, la cui sede e i cui successivi programmi di dettaglio per il suo funzionamento operativo dovranno essere decisi alla prossima Conferenza delle Parti (Cop-18) alla fine del 2012 a Quatar. Nel frattempo si chiede a tutti i Paesi UNFCCC di presentare le candidature sia per i membri del Comitato di Gestione (entro il 31 marzo 2012), sia per la localizzazione della sede legale (entro il 15 aprile 2012);
  • la definizione degli strumenti e dei meccanismi necessari a rendere operativa sia la fase di transizione (2013-2020) in cui sarà operante il solo protocollo di Kyoto emendato e prorogato, sia il futuro funzionamento del trattato globale quando entrerà in vigore nel 2020. Tra questi strumenti sono di particolare rilevanza: il REDD+ (regole e meccanismi per la lotta contro la deforestazione e il degrado del suolo), le modalità di preparazione e di attuazione dei “piani di adattamento” nei Paesi in via di sviluppo, il meccanismo di Trasferimento Tecnologico e di “capacity building”, le relative norme di “governance” e di gestione, i meccanismi finanziari e le loro modalità di amministrazione e gestione, ecc.


Le decisioni conclusive, cui è giunta la Conferenza di Durban, possono essere considerate, a seconda dei punti di vista, un successo oppure un insuccesso (o anche fallimento mascherato).

ConferenzaDurbanSono da considerarsi fattori di successo: l’aver coinvolto tutti i paesi compresi quelli più riluttanti come USA, Cina e India, a impegnarsi in un quadro legalmente vincolante, per ridurre le proprie emissioni, tenuto conto dei principi base della UNFCCC (in primo luogo quello della responsabilità e quello dell’equità); l’aver aperto il protocollo di Kyoto ad obblighi volontari e legalmente vincolanti per i Paesi industrializzati e ad obblighi volontari ma non legalmente vincolanti per i Paesi in via di sviluppo; l’aver avviato il “green climate fund” come istituzione finanziaria, immediatamente operativa (salvo i tempi tecnici organizzativi) al quale però bisogna associare un insuccesso: non aver definito quali siano le sue fonti di finanziamento che lo fanno apparire per ora una scatola vuota.

Sono da considerarsi fattori di insuccesso tutte le parti sostanziali, che dovrebbero garantire un’adeguata strategia mondiale di riduzione delle emissioni per raggiungere l’obiettivo di mantenere il surriscaldamento del pianeta inferiore a 2 °C rispetto all’epoca preindustriale. La fase transitoria di ben 9 anni prima che gli impegni di riduzione delle emissioni diventino obblighi legalmente vincolanti per tutti e che dovranno essere tali da giungere ad una riduzione delle emissioni globali di circa 80% entro il 2050 rispetto al 1990. Se prima del 2020 non ci saranno impegni volontari molto ambiziosi dei paesi industrializzati (riduzione di circa il 40% rispetto al 1990) ed efficaci riduzioni dell’intensità carbonica dei paesi in via di sviluppo emergenti, questi tempi lunghi, comporteranno il rischio di fallimento dell’obiettivo del mantenimento del surriscaldamento climatico al di sotto dei 2 °C. Sulla base degli impegni volontari dichiarati la tendenza attuale è, infatti, quella di giungere a un surriscaldamento globale attorno ai 4 °C o anche superiore entro il 2100.

In ogni caso, nelle decisioni prese a Durban è prevista una verifica del percorso, o dei possibili percorsi, di riduzione delle emissioni globali per raggiungere l’obiettivo dei 2 °C, quando saranno disponibili le nuove valutazioni di IPCC previste per il 2013 e comunque prima del 2015. A meno che nel prossimo decennio non accada una rivoluzione tale da portare il mondo a svincolarsi dai combustibili fossili, il tempo eccessivamente prolungato previsto dalla piattaforma di Durban, non giocherà certamente a favore.

 

infoEAI@enea.it

 

Enea Web TV
"Conferenza sui cambiamenti climatici di Durban"

archiviato sotto:

IN QUESTA SEZIONE